Thursday, December 8, 2011

La poesia e la cucina di "Mammà"

La poesia dev'essere un poco come la cucina di mammà - se è molto diversa da quella che conosci potrebbe farti decisamente cacare.

Forse è questo il motivo per cui si dice che i poeti non si leggono tra di loro, forse non lo fanno per non cedere ad un attacco di nervi e un parossismo di correzioni con la matitona rossa dei tempi di scuola; forse, semplicemente, ogni voce ha un suo percorso, un suo

canto, una sua melodia e armonia, non tutte vanno d'accordo tra di loro - e, no, per cortesia non parlatemi troppo di musica dodecafonica, eviterei volentieri l'argomento.


Ripensandoci però, e qui non posso far altro che rifarmi alla mia esperienza di lettore di poesie altrui, e scribacchiatore delle mie tipograficamente-equipollenti-tali, quello che mi da più fastidio è l'arroganza e la supponenza, 

Oh!
Mio! 
Dio! (pensate a Janice di Friends, mentre rileggete il corsivo)

Ho la sensazione che qui si stia riaprendo la vena della seriosità contro l'essere diversamente frivoli - ma andiamo avanti.

Sì, i poeti, o presunti, o autoproclamatisi tali normalmente si prendono troppo sul serio e, come molti autori, si parlano addosso in continuazione, trasgredendo alla prima regola (per me aurea) di chi scrive: "chiudi la bocca e lascia che sia il tuo lavoro a parlare."
Certo, so che siamo in un periodo di promozione sfrenata anche dell'ultima cazzata, di AdSense, di Groupon, di LetsBonus, di infiniti banner targettati sul nostro profilo di consumatore che appaiono in ogni pagina web che visitiamo: l'atteggiamento STFU (Shut The Fuck Up) non fa vendere, ok pensate a me come a un fossile.

Ripeto, forse semplicemente voci diverse fanno fatica a comprendersi a vicenda (voci diverse, orecchie diverse?), ma, senza andare a scomodare l'emerito professor J. Evans Pritchard, PhD (ho controllato, non esiste, ma c'è chi sostiene le sue teorie fittizie  comunque - ecco il link) citato ne "L'attimo fuggente" come autore dell'intimidatoria prefazione  "Comprendere la poesia" a un tomo dal volume altrettanto preoccupante, ritengo che ci siano criteri magari non così quantitativi, ma qualitativi per definire la poesia e penso che ci sia tanta spazzatura in giro che viene spacciata per tale - probabilmente pure la mia, perché escludere i presenti? Sarà politically correct, ma chi sono io per chiamarmi fuori della massa che critico?

Non credo che si possa misurare la poesia sugli assi cartesiani.
Penso che concetti come ritmo, forma poetica (sonetto, haiku, ecc), metrica, capacità di evocare emozioni tramite figure retoriche o altri artifici stilistici debbano far parte del bagaglio di conoscenze di chi scrive poesia.
Penso che chi scrive debba aver presente quei concetti ed elaborarli nel proprio personalissimo modo, anche destrutturando, giocando.
Jackson Pollock, per intenderci, faceva quadri astratti e probabilmente ha creato l'action painting come concetto, ma ha fatto l'accademia d'arte. Chiaramente, non è  obbligatorio un titolo accademico per imparare: basta averne voglia.

Erri de Luca ha scritto un libro di poesie (che personalmente non ho trovato eccezionali, se non a sprazzi) dal titolo "Sola Andata - Righe che vanno troppo spesso a capo". 
Il titolo in sé credo sia eccezionale ed esplicativo, mi piacerebbe poter estrapolare e chiamarlo ironico, ma non conosco il signor De Luca, quindi lo lascio come possibilità: poesia decisamente non è "andare troppo spesso a capo", almeno non credo. Andarci spesso, ma con un senso, può essere, andarci a caso, no.

E ora via, a scrivere endecasillabi!
O forse è meglio una bella carbonara come la fa mammà?
Non so.

Ovviamente scherzo.


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