Saturday, November 12, 2011

Sul lieto fine

Il lieto fine è una straordinaria invenzione della cinematografia. Ecco, questo penso.
Visto che parlerò (anche) del film One Day con Ann Hathaway (Emma) e Jim Sturgess (Dexter, no, non il serial killer), se non volete che (appunto) vi rovini il finale fermatevi qui. 
Poi casomai e se volete andate a vedere il film e tornate, vediamo se siamo d'accordo sul tema.



Sarebbe bello potersi illudere almeno di fronte a uno schermo cinematografico che le storie destinate ad avere un lieto fine lo abbiano, quasi quasi ci darebbe un poco di speranza anche per la vita reale: se lo puoi immaginare, allora forse lo puoi anche vivere.
Purtroppo pare che ormai il lieto fine non faccia vendere nemmeno al cinema.
Sarà stato il mio "yes day", la mia giornata che da sonnacchiosa e inutile aveva svoltato con sorprese inattese, che mi aveva fatto sperare in una conclusione in bellezza.
Dopo una breve e infruttuosa visita al mercato per comprare (alla fine) solo quattro stupidaggini avevo avuto la bella e inattesa sorpresa di imbattermi nella mia vicina del piano di sopra, quella che non c'è mai ma che è molto affascinante, dirle quanto mi piaceva il suo cappottino viola, finalmente apprendere che mestiere faceva (l'attrice) e ricevere come inaspettato regalo alla fine di quattro piani di ascensore in discesa due biglietti per il suo spettacolo di giovedì prossimo.
Ero contento, tanto che avevo raccontato questa stessa storia via e-mail a radio Deejay, mandando un messaggio a tratti sgrammaticato dalla guida (don't drive and text!). La radio mi aveva chiamato in diretta a raccontare assieme ai DJ Frank e Sarah Jane come la giornata avevesse svoltato per me, durante la telefonata avevo pure citato questo blog, ricevendo anche molte più visite del solito; blog dove, solo da un paio di post in qua, sto decisamente divagando in più di diciassette sillabe alla volta, contrariamente alla norma - e se devo smetterla ditemelo presto, mi sento un fiume in piena.
Ero strafelice anche che a fine giornata sarei andato a vedere un film con la mia amica del cuore la quale mi aveva assicurato trattarsi di una commedia; tutto, insomma, cospirava ad alimentare la voglia di sorrisi e lieto fine.
Prima di arrivare alla sala ignoravo pure quale fosse il film che saremmo andati a vedere, ma era tanta la gioia di rivedere la mia amica che non mi importava per niente; era troppo che non la vedevo e la giornata sembrava doversi concludere in maniera perfetta: io e la mia amica del cuore a vedere una commedia romantica al cinema - e chi ci ammazza?
La risposta a questa domanda, a quanto pare, è: lo sceneggiatore.

Non che One Day sia brutto, tutt'altro, non sono un cinefilo né un critico, ma mi sembra ben scritto, ben strutturato e anche divertente. Ma il lieto fine, no, quello non c'era.

La storia si apre con Emma che va in bicicletta, non sappiamo che ha un appuntamento importante con Dexter e non lo sapremo per la maggior parte del film perché quel preciso istante parte un flashback di (tipo) vent'anni che occupa la maggior parte della durata della pellicola.

Così ripercorriamo assieme ai protagonisti questa non-storia d'amore che si tramuta in amicizia dopo una festa di laurea senza conclusione a letto, è il 15 luglio, e, più o meno sempre attorno a quella data di anno in anno ritroviamo Emma e Dexter attraverso le divagazioni e gli smarrimenti della vita di entrambi, con buona misura di relazioni sbagliate, picchi e cadute, separazioni e incontri.
La cosa bella, che si intuiva per tutto il film, era che quell'amicizia fosse in realtà di più, cosa che grazie al cielo diventa, quando davvero sembra che ogni speranza in tal senso si sia persa. Quindi tutto perfetto, no? Lieto fine! Lui e lei si amano, finalmente "e se mi tratti male o mi tradisci, io ti ammazzo" come dice Emma nella scena del ricongiungimento tanto sospirato e rimandato dalla vita.
Quasi. I due finalmente si amano; Emma dopo qualche tempo dice a Dexter che desidera un figlio dall'uomo che ama e scherzando aggiunge (con l'ironia che fa della battuta un capolavoro) che se l'uomo che ama non è disponibile lo farà con lui.
Un altro 15 luglio passa e purtoppo Emma ancora non aspetta un bambino, è frustrata e delusa, se la prende con Dexter, litigano. Prima di separarsi però, come piacerebbe anche a me che succedesse nella vita delle coppie reali, si riappacificano; dopo tutto è il loro giorno e non può non avere un lieto fine; Dexter propone di vedersi la sera, dopo il lavoro, in un bel ristorante e ricominciare - siglano l'accordo con un abbraccio tenero e un bacio, altro preludio a un lieto fine.

Ma la trama si è ormai dipanata fino al momento in cui si ricongiunge con l'inizio della storia: Emma, in bicicletta, e ora sappiamo che sia avvia all'appuntamento con Dexter e ora sappiamo cosa voleva dire lo sguardo a volte distante che pareva avesse. Ora ci accorgiamo che il traffico aggressivo di auto che Emma evita infilandosi in un vicolo per accorciare il tragitto è solo un artificio scenografico, il rilascio della tensione prima di un colpo di scena; ora capiamo che l'inquadratura di spalle a lei che pedala in quel vicolo per avvicinarsi a un incrocio cieco con una strada apparentemente libera, non è un caso: è un avvertimento.
L'avvertimento arriva, anche se telefonato. Emma fa per svoltare nella strada in fondo al vicolo e, inesorabile come la penna di uno sceneggiatore, un camion la travolge. Dexter aspetta, ignaro, nel ristorante; ascolta l'ultimo struggente messaggio di lei nella segreteria del cellulare, mentre, anche qui spietata come la penna di uno sceneggiatore, la pioggia cade a simboleggiare le lacrime che pure io sto versando  in quel momento, seduto sulla mia bella e comoda poltrona rossa, al buio.

Il lieto fine non esiste, ma non è che se per una volta ce ne dimenticassimo al cinema staremmo peggio, no? Anzi... e invece no, diciamocelo, anche di fronte all'illusione della pellicola: i lieto fine non esistono, siamo cibo per vermi e l'amore... sì, l'amore... Lasciamo perdere.

Quindi sì, io avrei preferito un lieto fine, non so se si è capito. Mi andava bene anche solamente quel lieto fine di celluloide (che molto probabilmente non era nel proiettore) al posto di quello reale che non ho e non avrò. Avrei voluto dimenticarmi del fatto che la mia vita non avrà un lieto fine. Pare però che questo non aiuti le vendite. Peccato, sarà per un'altra volta.

Quasi buffo piangere sulla conclusione di un film. Questo, nella mia storia d'amore col cinema, non è nemmeno una grossa novità, anzi - è un finale trito, scontato e, come nel cinema, suppongo, non fa vendere.

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Sul lieto fine by Dario Beltrami is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
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