Se però la città è accogliente, stupenda, pulita, elegante, ma sobria, avvolgente, ma lieve come lo è Trieste, be’, allora rischi di innamorarti.
Io mi ci sono perso, per una mattina, poi per un pomeriggio e una sera. Trieste mi ha sussurrato da ogni angolo, invitandomi a scoprirla, aprendosi a me e quell’invito stesso non ha fatto che aumentare la voglia di esplorarla – una voglia che cresce come per gli amanti quella di baci e carezze, le rare volte in cui capita di trovare una sintonia apparentemente perfetta con la propria amante.
Così sempre più
desideriamo addentrarci nell’altro, vedere fino a che punto può spingersi
l’estasi di quel momento, quanto la possiamo prolungare, e, forse, anche mettere
alla prova quella dolcissima sincronicità di cuori: scoprire se e dove si
spezza. Pain is so Close to Pleasure avrebbero
commentato i Queen.
Per me Trieste ha il
respiro di uno sguardo assonnato al mattino che si allarga sul mare, ha la
meraviglia di quell risveglio magico cui fanno eco il volo pigro dei gabbiani e
gli irregolari rintocchi delle barche che ondeggiano cullate dal dormivegla delle
onde.
Ecco, se Vienna avesse
il mare le assomiglierebbe, sebbene Trieste non sia così monumentalmente
austroungarica. Trieste non è caciarona, ti presenta la sua bellezza, ma non se
ne vanta, anzi un poco la nasconde, devi andartela a cercare, ma sai che non è
mai una bellezza lontana, altezzosa, o difficile da raggiungere: è lì, ti
aspetta, se solo hai la pazienza di cercarla – e non ce ne vuole poi molta.
Il sole al mattino la
prende alle spalle, dai monti che la circondano, ma non la schiacciano. La
città è come un gatto adagiato nel suo cesto di vimini, una zampa che ne
penzola libera; di notte dorme, dando le spalle all’alba; quando il sole si
alza al mattino dietro di lui Trieste ancora sonnecchia ancora qualche minuto,
si gode quel tepore che viene da oriente prima di aprire gli occhi e farsi
meravigliare dal mare infuocato.
Certo, mi manca
l’esperienza di Trieste quando il vento è arrabbiato e la sferza; forse sono
stato fortunato a viverla durante un
paio di giorni a ridosso del natale in cui tutto era cieli tersi e meraviglia,
albe e tramonti colorati come arcobaleni, cieli spruzzati di poche nubi ma
sereni, tuttavia è così che lei mi ha accolto ed è così che mi ha conquistato.
Sono in buona compagnia. In giro per la città si trovano le statue a grandezza naturale di personaggi illustri che l’hanno abitata.
Umberto Saba, Italo Svevo, James Joyce.Scrivere di Trieste, anzi, scrivere in generale a Trieste, è quasi come pattinare sul ghiacchio. Cominci una frase e ti sembra di potere andare avanti all’infinito. Ti siedi in Piazza dell’Unità d’Italia e contornata da tre lati di splendidi palazzi che lasciano il terzo lato di quella distesa libero al vero protagonista, il mare, e i pensieri cominciano a navigare liberi.
Trieste, città di
confine, non solo fisico per la presenza molto prossima della Slovenia a pochi
chilometri, ma anche per quel confine onirico che la solca e si rende visibile
agli occhi di chi sa ascoltare – la città è in bilico tra la veglia e il sogno;
è presenza reale e sogno in Potenza. Chiudi gli occhi e la visione ti si
sdoppia tra le pietre che senti sotto i piedi e attorno a te e il tuo mare
interno che, in quell luogo, ha spazio libero.
Che dire poi della
gente… Non ne ho incontrata molta (sono
cintura nera di fatti miei), ma da quel poco che ho potuto constatare in due
giorni sul campo c’è gente di cuore a Trieste. Esempi? I migliori consigli mai
ricevuti da una receptionist per andare a mangiare (ve li giro… Osteria le Botti,
in via Torino, per la carne, Ristorante Menarosti, in via del Toro, per il
pesce – squisito!), piacevolissime persone con cui conversare (due di queste
incontrate per caso al Menarosti di cui sopra, incuriosite dal mio
scribacchiare incessante sul taccuino, un’altra alla colazione in albergo,
simpaticissima signora pure lei innamorata della propria città), una tavolata
di amici alla trattoria le Botti che hanno prodotto, per la festeggiata
quarantenne, un regalo stupendo: un album di fotografie dall’infanzia fino a quell
giorno stesso, commentato; insomma, ho respirato un’apertura e una cordialità
che da una città del nord, quasi Austro-Ungarica, e di confine non ti
aspetteresti. Trieste ha dalla sua che non è una metropoli nella quale
l’anonimato ti premia; ha ancora una dimensione vivibile dove chi può, se può,
ti da una mano - sì anche a te chiaramente forestiero, anzi, forse soprattutto
per quello. Chi vive a cavallo di un confine sa bene cosa significa sentirsi
straniero, ne ha fatto esperienza attraversando quello stesso confine, in un
senso o nell’altro.
Quindi, arrivederci a
presto, Trieste. Ti sei aggiunta alle cose di cui sento la mancanza ogni
giorno, ma, rispetto ad altre, hai il vantaggio di essere raggiungibile – basta
mettersi in viaggio verso di te – non saresti la prima mia relazione a
distanza, dopo tutto.
Trieste by Dario Beltrami is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
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